2023-06-22 Dottor Avi Loeb di Harvard studia Retro Ingegneria dai detriti spaziali

Con un battello da ricerca oceanico, appropriatamente chiamato “Stella d’Argento“ (“SilverStar“), la squadra del dottor Loeb sta cercando di recuperare dei detriti metallici dal fondo dell’Oceano Pacifico, utilizzando una particolare slitta magnetica. In questi ultimi giorni sono riusciti a recuperare due tipi di detriti anomali che il loro laboratorio di bordo non è riuscito a identificare.

Sponsorizzata dall’imprenditore americano Charles Hoskinson, l’ultima impresa del Progetto Galileo è dedicata al grande sforzo di estrazione dei resti del primo oggetto interstellare identificato. L’obiettivo è quello trovare tracce di tecnologia extraterrestre e la velocità e la densità del meteorite IM1 registrate sia dalla NASA, sia dalla US Space-Com lo rendono una scelta privilegiata. Entrato in collisione con la Terra ad alta velocità e con un angolo insolito e avendo dissipato un’enorme quantità di energia nell’atmosfera durante il rientro, il meteorite IM1 è davvero un oggetto intrigante. Avendo un nucleo più robusto e denso di qualsiasi altra meteorite conosciuta, il team di Harvard ritiene che esista la possibilità che il suo nucleo non si sia disintegrato durante la collisione con la Terra.

Jeff Wynn, under Fair Use for Information

Acciaio resistente agli urti

La prima rilevante scoperta è avvenuta il 19 giugno, durante l’ultima settimana di raccolta dei detriti sia dal fondale oceanico, sia dalla zona di controllo. Durante la sesta campagna di prelievi la slitta magnetica ha catturato, tra i detriti vulcanici, dei piccoli frammenti di acciaio misto a titanio, commercialmente noto come acciaio antiurto. Con una resistenza di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altro meteorite di ferro mai registrata, il materiale corrisponde alla descrizione fornita dalla NASA. Caratteristiche interessanti sono anche la sua natura e la forma, che ricordano l’involucro utilizzato per proteggere strumenti o componenti. Sempre durante questa campagna di campionamento, la slitta ha urtato anche un oggetto solido, ma le telecamere di bordo erano scariche. 

Il successivo campionamento ha individuato anche frammenti dello stesso materiale ferroso ad alcuni chilometri di distanza. Sono stati recuperati due tipi diversi di frammenti: grigi e rossi. Il grigio conteneva otto volte più titanio del rosso, ma per poter definire questi detriti come una realistica prova di provenienza extraterrestre saranno necessarie molte più analisi di laboratorio.

Credit: Galileo Project, Avi Loeb, Under Fair Use for Information

Sferule interstellari

Il 21 giugno, mentre selezionava dei detriti vulcanici recuperati nelle diverse campagne di campionamento, Ryan Weed ha trovato una sfera metallica di 0,3 mm di diametro composta di ferro, magnesio e titanio, ma senza nichel: una “composizione anomala rispetto alle leghe prodotte dall’uomo, asteroidi conosciuti e fonti astrofisiche familiari”, secondo il dottor Loeb. È interessante notare l’approccio del dott Loeb secondo cui si potrebbero effettuare degli studi di “Retro Ingegneria” sulla lega per “analizzare in dettaglio le proprietà dei materiali”.

Al 22 giugno, il team ha raccolto un totale di undici sfere, tutte apparentemente simili nella composizione e tutte magnetiche. La slitta li ha raccolti a una profondità di 2 chilometri, il doppio della profondità massima che può raggiungere un sottomarino nucleare della classe Los Angeles. L’obiettivo del dottor Loeb, che era inizialmente di raggiungere i possibili resti del nucleo dell’oggetto IM1, si è poi trasformato nella caccia alle sferule più grandi, resti dell’oggetto fusi dal calore prodotto dall’impatto con la Terra.

Foto di Engin Akyurt da Pexels

Dopo aver ideato il miglior approccio statistico per trovare l’ago nel pagliaio e aver avuto l’incredibile fortuna nel trovare la prima serie di nove sferule, Il dottor Avi Loeb ha stimato che la possibilità di trovare detriti di oltre 3 millimetri sia solo di 1 su 1000. 

Ha spiegato che molte delle sferule più piccole avevano dimensioni inferiori a 0,25 millimetri, erano molto difficili da estrarre dai  campioni e da identificare. Ma fare una raccolta sistematica di queste sferule potrebbe permettere al Team di disegnare una mappa di densità e di localizzare il loro vero obiettivo ossia i possibili resti principali di un oggetto volante di origine non umana.

Projet Galileo, Interstellar Expedition Team, Avi Loeb, Sfera 15, detriti da 0,6 mm dalla campagna di campionamento 13, Fair Use For Information

Il 23 giugno è stato recuperato un detrito di 0,6 mm, composto per lo più da ferro e “tracce di elementi utilizzati nei semiconduttori”, ma saranno necessarie ulteriori analisi per dimostrarne l’origine artificiale. Il conteggio totale dei detriti anomali ha raggiunto quota quindici, un vero traguardo per il team. Ogni sferula recuperata dal fondo dell’Oceano ha permesso loro di disegnare una mappa dell’impatto dell’oggetto con la Terra.

Entro il 25 giugno il Team ha raccolto trenta sferule, per una massa totale di 3,2 milligrammi.

Entro il 29 agosto, la spedizione ha raccolto circa settecento sfere. Ne furono esaminati quarantasette di cui cinque mostrarono una composizione insolita, con un eccesso di berillio, lantanio e uranio. Secondo il documento pubblicato in prestampa, potrebbe essere dovuto a un’origine extrasolare o artificiale. Questo articolo verrà aggiornato man mano che nuove informazioni verranno rivelate dal team di spedizione interstellare del progetto Galileo

Immagine principale: Alexander Antropov da Pixabay

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